Manifesto sulla partecipazione
Penso che la cosa più eccitante, creativa e fiduciosa nell’azione umana sia precisamente il disaccordo, lo scontro tra diverse opinioni, tra diverse visioni del giusto, dell’ingiusto, e così via. Probabilmente dobbiamo riconsiderare come incurabile la diversità del modo di essere umani. (Bauman, 2003)
Motivazione
Sempre più spesso i cittadini chiedono di “partecipare” alle politiche pubbliche della loro città o del Paese, avviando una partecipazione di tipo proattivo, dal basso, attraverso una molteplicità di azioni che vanno dalla: denuncia del problema, esplorazione delle domande politiche, della definizione dei problemi e di una loro chiara coscienza e concettualizzazione, alla cooperazione ai fini della risoluzione dei problemi (Martini, Torti, 2003). Nel contempo, si attivano dispositivi normativi che prevedono la partecipazione dei cittadini e delle loro associazioni, nelle politiche che attengono il territorio, i beni comuni e la comunità, a partire dalla pianificazione sociale a quella urbanistica e ambientale. Tuttavia la partecipazione, soprattutto se sollecitata unicamente dall’alto, resta spesso una parola “spot” che nasconde molte forme di interpellanza della cittadinanza che non occupano un alto livello partecipativo, ma che spesso né i cittadini, né le istituzioni riescono a valutare a sufficienza, non avendo strumenti e competenze adeguate a disposizione. D’altra parte, il fallimento degli obiettivi prefissati, o il mancato riconoscimento da parte dei cittadini dell’efficacia delle pratiche partecipative, possono rinforzare la sfiducia nelle istituzioni, favorire comportamenti opportunistici, produrre disempowerment, spingere le persone a ritirarsi ulteriormente nella sfera privata.
La partecipazione è un costrutto ampiamente studiato in letteratura, e il suo studio accomuna diverse discipline scientifiche, dalla sociologia, alle scienze politiche e alla psicologia, chiaramente da diversi punti di vista. Pratiche partecipative e buone prassi sono diffuse in tutto il mondo, e costituiscono modelli da cui partire in comunità come le nostre, in cui si assiste spesso solo agli arbori di un vero processo democratico.
Per partecipazione intendiamo l’azione che: «Mira al raggiungimento di uno scopo di interesse collettivo per una comunità e a trasformare i rapporti verticali e le decisioni imperative in rapporti orizzontali e decisioni consensuali» (Ceri, 1996, p.511), caratterizzata da Volontarietà/Intenzionalità, Visibilità/Rendicontabilità, Condivisione/Relazionalità.
La partecipazione è dominata da determinanti di diversa natura, che sono più spesso di tipo gruppale, organizzativo, determinanti queste che sono irrazionali, e che possono condizionare in maniera inconsapevole la presa di decisioni, o determinare i cosiddetti effetti paradossali della partecipazione, quali caos e conflittualità non gestite, competizione intergruppi, il comportamento free-riding, la soppressione delle minoranze (De Piccoli et al., 2003).
Obiettivi
Se partecipare consuma tempo, energia e risorse, richiede capacità di coping e resilienza, implica stress e lavoro emozionale, ne consegue che è necessario che essa venga supportata per evitare drop-out nel tempo, con un’analisi dei processi e dei metodi partecipativi, ovvero con una facilitazione attenta alle dinamiche relazionali, oltre che ai contenuti oggetto di discussione. L’associazione si propone in senso generale di incidere sulla comunità attraverso un cambiamento culturale degli atteggiamenti e delle rappresentazioni sociali, l’incremento della capacità di decentramento per la gestione e la soluzione dei conflitti, l’esercizio alla sperimentazione di metodi innovativi e creativi per la presa di decisioni e soluzione dei problemi.
L’associazione si propone di intervenire attraverso una griglia di analisi ed intervento di tipo psico-sociale sulle dinamiche che ostacolano l’efficacia partecipativa, attraverso l’accompagnamento dei gruppi all’analisi consapevole degli ostacoli che producono impasse o rigidità di schemi relazionali e ruoli dei membri del gruppo, attraverso la gestione dei conflitti emergenti e il rinforzo dei fattori che promuovono la trasformazione della partecipazione in cooperazione, ovvero dell’identità gruppale, della fiducia sociale e dell’interdipendenza per il conseguimento di obiettivi comuni.
L’associazione si propone di rendere efficace il processo partecipativo, promuovendone gli effetti positivi, quali un maggiore livello di agency , il senso di potere ed efficacia soggettivo e comunitario -empowerment comunitario (Drury & Reicher, 2005), aumentare l’interesse per il bene pubblico, il senso di appartenenza alla comunità, lo sviluppo della cittadinanza attiva. Essa si propone di attivare gli strumenti per il coinvolgimento della cittadinanza, e degli stakeholders per le varie questioni di interesse socio-politico, così come si propone di offrire strumenti di supporto che aumentino la sostenibilità nel tempo dei processi partecipativi.
Paradigma epistemologico
Dal punto di vista epistemologico, una proposta, desunta dai modelli della psicologia sociale e di comunità che studiano l’interazione gruppale e le variabili che incidono su di essa, che potrebbe rivelarsi coerente rispetto agli obiettivi dell’associazione, è la proposta di adozione di un paradigma di ricerca-azione ad orientamento partecipato (PAR). Caratteristiche della ricerca-azione, sono la dimensione della ciclicità, quindi partire dalla diagnosi ovvero dalla individuazione dei problemi e delle risorse per poi sperimentare un intervento congiunto e ritornare alla stessa riformulazione dei problemi e delle risorse, concependo il cambiamento, l’azione come unico mezzo attraverso cui possa realizzarsi una conoscenza più “reale” ed utile del contesto; la pianificazione condivisa degli obiettivi e dell’intervento e degli strumenti per la valutazione dello stesso (Lewin, 1951).
Nella ricerca-azione, soprattutto ad orientamento partecipato, si stabilisce una simmetria tra l’esperto ed i destinatari nella ricerca, che diventano co-ricercatori essi stessi ed il gruppo è chiamato a conoscere se stesso, le sue risorse e le sue difficoltà (Reason & Bradbury, 2008). Il ricercatore/esperto ha la funzione fondamentale di catalizzatore e attivatore delle esperienze, vissuti, potenzialità di sviluppo, ovvero ha il ruolo di facilitare le dinamiche gruppali ed attraverso l’esperienza stessa del gruppo, facilitare il processo di consapevolezza del suo funzionamento, e quindi di empowerment, ovvero di consapevolezza e presa di potere effettiva su ciò che consente od ostacola il raggiungimento degli obiettivi di lavoro del gruppo.
La funzione dello scienziato sociale è quindi una funzione che è in senso lato “politica”in quanto “la partecipazione conferma il diritto delle persone e la loro competenza nell’esprimere la propria voce nelle decisioni che li concernono, rivendicando il diritto a produrre conoscenze su loro stesse” (Reason & Bradbury, 2008, p.9). Inoltre “è attraverso lo stesso processo partecipativo che le persone cominciano a percepire i bisogni degli altri, sviluppare una qualche solidarietà, e concettualizzare i propri interessi in modo più ampio” (Abers in Fung & Whright, 2003).
All’interno di questo paradigma, vari strumenti possono essere utilizzati, già sperimentati in altre occasioni, così come altri strumenti possono essere innovati. Esempi possono essere: le Giurie dei cittadini, le Mappe di Comunità, i Sondaggi deliberativi, le Consensus Conference, i Bilanci Partecipativi, Planning for Real, Open Space Technology, Electronic Town Meeting, Deliberative Polling, Future Search Conference.
Grazie per quello che fate !.
Mi impegnerò nel seguirvi e darvi un mio supporto.
Perciò, ho seguito, il M5S, mi aiuta a scoprire sempre utili possibilità, di “ringiovimento” totale, continuerò per i miei figli.
Come ha insegnato Gianroberto Casaleggio.
Buona giornata, Arturo.