Gamification, il futuro della didattica
Con il passare degli anni molte definizioni hanno cercato di inquadrare la gamification, il futuro della Didattica. Alcune descrizioni sono più riconosciute di altre e in alcuni casi viene data più importanza ad una sfaccettatura particolare del fenomeno:
- “La Gamification è l’utilizzo di elementi di game design in contesti diversi dal gioco” (Deterding Sebastian, 2011);
- “L’uso di elementi di gioco e di game design all’interno di contesti non di gioco” (Werbach Kevin & Hunter Dan, 2012);
- “L’applicazione di meccaniche di gioco e tecniche di game design per ingaggiare e motivare le persone a raggiungere i loro obiettivi” (badgeville, s.d.);
- “L’uso di meccaniche di gioco ed experience design per ingaggiare digitalmente e motivare le persone a raggiungere i loro obiettivi” (Burke, 2014);
- “Gamificare è pensare, progettare e ricollocare meccaniche, dinamiche ed elementi di gioco in sistemi o processi quotidiani con lo scopo di orientarsi alla risoluzione di problemi concreti o, parallelamente, per motivare specifici gruppi di utenti” (Gabe, 2011).
Dalle diverse definizioni della Gamification emergono quattro elementi in comune:
- La gamification è un’attività, una prassi, un processo, comporta il fare qualcosa.
- La gamification utilizza il game design e tecniche prese a prestito dai giochi.
- Viene applicata in contesti non ludici.
- In alcune definizioni si parla di “motivare le persone a raggiungere i loro obiettivi”.
Gamification non significa trasformare qualcosa in un gioco. Molti esempi di sistemi gamification che hanno accolto al loro interno tecniche di game design, non sono stati minimamente percepiti dagli utilizzatori stessi come “giochi”. Un errore comune è considerare la gamification come un generalista tentativo di trasformare contesti seri in contesti ludici.
“La gamification è l’utilizzo di elementi di game design in contesti diversi dal gioco per raggiungere un determinato obiettivo (Es: divertire, motivare, coinvolgere, manipolare)”
A scuola, “Gamification” non significa “rendere giocosa la lezione”, piuttosto è applicare elementi propri dei videogiochi nella didattica, per stimolare l’apprendimento delle materie tradizionali in un’ottica di integrazione con le metodologie tradizionali.
Cosa avviene mentre giochiamo?
Piuttosto che distrarci dai nostri obiettivi il gioco ci aiuta a concretizzarli. I videogame sono in grado di stimolare motivazione, interesse, creatività, senso di appartenenza e felicità, sentimenti che si traducono in risorse immediatamente spendibili nelle attività quotidiane.
Per la gamification non c’è un quid comune a tutti gli esempi. Basta ritrovare, in contesti non-gaming, quelle meccaniche con cui identifichiamo i videogame. Analogamente, non esiste una lista di qualità che un videogame deve necessariamente possedere per essere definito tale.
La gamification non necessariamente richiede l’uso dei videogiochi. È possibile “gamificare” le attività simulando, in modo analogico, le meccaniche e le trame tipiche del game design.
La gamification si può considerare come metodo costruttivistico. L’alunno è posto al centro del processo formativo, è costruttore del proprio apprendimento, che acquisisce attraverso esperienze dirette. Questo approccio consente di amplificare la sua motivazione, permettendogli di memorizzare le informazioni in maniera significativa e più a lungo termine.
Ci sono due diverse fonti di motivazione: una basata sulla padronanza, l’altra sul prodotto (e sul suo paragone con il risultato degli altri). Le evidenze dimostrano che l’apprendimento motivato dal solo voto è efficace solo nel breve termine, invece la volontà di apprendere competenze più vaste garantisce una ritenzione delle stesse a lungo raggio.
La gamification permette di segmentare il programma in livelli consecutivi e soddisfa i bisogni di crescita, attività, autostima, mantenendo alti gradi di appagamento e interesse, grazie anche alla customizzazione del percorso.
Le ricompense fissano i comportamenti molto di più delle punizioni. I videogiochi, infatti, inducono il soggetto a riprovare, insegnandogli a considerare l’errore come un’opportunità, senza che un solo sbaglio diventi ciò attraverso cui definire la carriera, trasformando il voto in una condizione rimediabile solo attraverso una media matematica. Nel caso della gamification, l’errore blocca il soggetto solo temporaneamente a un livello del gioco, mentre il punteggio viene calcolato sulle effettive progressioni, secondo i propri tempi. Non è importante quanto si sbaglia, ma quando l’impasse viene risolta, acquisendo finalmente la competenza richiesta nel percorso di formazione.
Di seguito si descrivono quattro tipi di ricompense:
1) Ricompense di gloria: badge, trofei, premi estrinseci che non hanno utilità nel game play, ma che servono a motivare l’alunno, che si vede riconoscere un merito oggettivo e confrontabile.
2) Ricompense di sostentamento: medicamenti che guariscono le ferite, armature, pozioni protettive o scatole e zaini più grandi per ampliare l’inventario. Anche il collezionismo è considerabile una ricompensa. Si tratta della dinamica che sottende l’imperativo del “gotta catch’em a!”, “Acchiappali tutti” del mondo Pokemon.
3) Ricompense di accesso: permettono a un giocatore di accedere a nuove locazioni o a risorse prima inaccessibili.
4) Ricompense di abilità: il giocatore ottiene skills nuove o migliora quelle di base per sbloccare nuove possibilità nel gioco.
Al di là degli evidenti vantaggi della metodologia fino ad ora esaminata, esistono, a mio avviso, alcune criticità abbastanza evidenti.
Punti critici
Innanzitutto nella gamification la motivazione si fonda essenzialmente su premi estrinseci, i meno efficaci sul lungo termine. Secondo Skinner e Belmont, gli studenti meno motivati sono quelli che basano l’apprendimento sull’attesa di ricompense esterne e non sul puro interesse, sull’amore per la conoscenza fine a se stesso. Secondo la teoria della self-determination, sono proprio le motivazioni intrinseche a renderci soggetti autonomi, liberi e determinati a proseguire nell’apprendimento e non individui dipendenti dal giudizio degli altri.
La visibilità del punteggio potrebbe, poi, essere un incentivo solo per qualche alunno. Per molti, di contro, potrebbe invece rivelarsi un ulteriore motivo di ansia da prestazione. Come in Social Dilemma l’inventore del pulsante “mi piace” ha rivelato l’effetto inintenzionale di una funzione pensata non per generare depressione e senso di inferiorità ma per rendere le piattaforme un luogo di gentilezza e reciproco scambio, allo stesso modo anche il punteggio della gamification potrebbe indurre gli alunni a competere negativamente, generando profonda tristezza a causa di un ideale di perfezionismo irreale. La prestazione diventerebbe una sorta di grafico, una classifica e non un’occasione di miglioramento e di crescita solo personale.
Inoltre la metodologia della gamification, come la maggior parte dei metodi costruttivisti, ha lo svantaggio di non riuscire a coprire interamente le richieste dei programmi scolastici. Insomma, la gamification potrebbe essere uno strumento con cui addestrarsi su specifiche competenze, un training complementare alla didattica, ma non può essere in grado di sostituire il carisma di un insegnante, unica garanzia contro l’abbandono scolastico e l’apatia adolescenziale. L’obiettivo è saper suscitare interesse in una materia, riuscendo a cogliere collegamenti di valore tra le richieste scolastiche, la ricchezza personale dell’alunno e le effettive necessità del territorio e del mondo del lavoro.
Ecco dunque 10 esempi di gamification che è possibile applicare a scuola!
1) Dare punti dopo che sono stati ottenuti dei risultati accademici
Pensiamo alla situazione in cui gli studenti hanno bisogno di citare dei dettagli dal testo e delle prove per le supportare le conclusioni a cui arrivano nelle discussioni di classe. Le risposte senza prove allora varranno 1 punto, una risposta corretta con una prova varrà 2 punti, una risposta corretta con due prove a supporto avrà 3 punti. E così via.
2) Dare punti quando si raggiungono obiettivi procedurali / non accademici
Questa è la situazione che vi proponiamo. C’è bisogno di trovare una soluzione ad un problema della classe, per esempio come ridurre il tempo che serve per controllare i compiti? Tutti gli studenti che hanno già preparato i loro compiti affinché gli insegnanti li possano controllare riceveranno due punti come premio.
3) Creare barriere divertenti
Questo tipo di barriere possono essere accademiche o comportamentali, sociali, private, creative o logistiche. Il punto è che uno dei principi fondamentali della gamification è l’utilizzo di meccaniche motivazionali tramite l’applicazione di barriere/sfide divertenti.
4) Creare competizione all’interno della classe
Insegnante vs classe: gli studenti devono seguire una regola stabilita dall’insegnante. Ogni volta che uno studente segue una regola, la classe riceve un punto. Ogni volta che uno studente non segue una regola, l’insegnante riceve un punto. Questo è particolarmente utile per introdurre processi e aspettative di comportamenti. Se la classe vince, usate una ricompensa sostenibile, come un po’ più di tempo per la ricreazione, oppure meno compiti a casa.
5) Comparare le performance e riflettere su di esse in modi diversificati a seconda degli studenti
Alla fine di certi videogame a livelli, la performance del giocatore viene analizzata sotto vari dettagli, offrendo molti dati, traguardi, e modi di riflettere e documentare la sua performance, anche per paragonarla a quella degli altri.
Per esempio, un gioco può offrire delle statistiche su quali obiettivi sono stati raggiunti e come. Ancora. può assegnare un “badge” a seconda dello stile di quella particolare performance e poi può tracciare ogni singolo dettaglio di quella performance stessa. Per esempio: il numero totale di salti, il numero totale di nemici annientati, il numero di diversi modi in cui quel problema è stato risolto eccetera.
6) Creare un range di ricompense differenziate a seconda di ogni singolo studente
E se, per esempio, ad uno studente che riceve un voto particolarmente alto si proponesse di rubare la sedia al professore?
7) Sfruttare i livelli, i “checkpoint” e altri sistemi di valutazione progressiva
Tracciare i punti su classi differenti, quando gli studenti raggiungono un certo obiettivo, per esempio 100 punti, permette loro di impostare il loro lavoro su un livello successivo. Mano a mano che fanno fanno passi avanti date loro delle ricompense sostenibili, come per esempio la possibilità di pranzare con il docente oppure la possibilità di mangiare con l’outfit che preferiscono (questo vale nel caso in cui siano generalmente obbligati ad indossare una divisa).
8) Creare sfide diverse
Si potrebbe pensare di creare delle sfide che permettano agli studenti di risolvere in più in un modo diverso, con diversi approcci e punti di vista differenti.
9) Lasciare libertà agli studenti nella definizione dei traguardi
Può essere utili permettere agli studenti di settare i loro stessi obiettivi e successivamente verificare i loro progressi in modo divertente/social/visivo/personale.
10) L’importanza del gioco di ruolo
Questo elemento prende ispirazione dal mondo dei video games. Agli studenti piace molto assumere determinati ruoli come quello di giudice, di “deux ex-machina”, di padre/madre di famiglia eccetera.
Di seguito il materiale che potete scaricare gratuitamente:
Presentazione al progetto RESET |
Gioco sulla Gamification |
Test sulla Gamification con Kahoot |