Scuola al tempo del covid

Quando il Covid irrompe in aula. Ecco cosa succede

Quando il Covid irrompe nell’aula tranquilla di una normale lezione in DAD. Ecco cosa succede ed a cosa si assiste in tempi di pandemia. Di seguito un racconto di Nicola Cotugno, docente nel quartiere Scampia (Napoli)

L’altro giorno, durante una tranquilla video lezione in una mia classe, confortato dall’interesse che i ragazzi mostravano per quanto stavamo discutendo – mancavano una ventina di minuti al temine – improvvisamente vengo interrotto da un alunno, che garbatamente chiede la parola. In quel momento condividevo il mio schermo, lo sento soltanto ma non lo riconosco, dopo essersi presentato, racconta di essersi assentato a lungo perché ha contratto il COVID ed inizia a raccontarcelo il suo calvario.

Ha il piglio deciso e ci racconta, con chiarezza e dettagli la sua personale odissea con il virus, e che dai primi di ottobre lo ha intercettato e che ancora non lo ha abbandonato, che dura da oltre un mese e dopo ben quattro tamponi.

Il racconto è incalzante – non mi sembra vero – e snocciola molte fasi e passaggi in cui ricostruisce tutto il percorso fino alla tracciatura del contagio, cioè il momento in cui si capisce chi ti ha trasmesso il contagio: un vero miraggio per l’Italia, che in questo momento sembra abbia del tutto perso la bussola.

Continua senza sosta ed è un fiume in piena, ed io comincio a commuovermi, perché non mi era capitato a scuola (e nemmeno in presenza) che una testimonianza così toccante ed importante si prendesse l’attenzione e la scena di una lezione, avanti al docente e venti compagni di classe, e questo credo sia avvenuto anche grazie alla DAD, che offre intimità e concentrazione da casa tua rispetto all’aula fisica; lo ascoltiamo tutti con religioso silenzio e mi rendo conto in quel momento, pur in una lezione a distanza , che si sta realizzando una dimensione di prossimità emotiva ideale per una comunicazione così personale, ma allo stesso tempo cosi socialmente importante per ognuno di noi.

Io non so cosa lo abbia ispirato ieri mattina per la prima volta a scuola ma è certo che ha parlato di lui, ma anche della madre e del fratello che poi ha contagiato, ci ha detto come lui lo avesse a sua volta contratto dal cugino che gioca a calcetto, in una maledetta passeggiata in macchina per prendersi un caffè, seduti il cugino avanti e lui dietro, e poi ancora il tempo infinito di aspettare il risultato del tampone dalla ASL per venti giorni, e poi la bella cifra che il padre ha dovuto cacciare per i tamponi a tutta la famiglia presso un laboratorio privato per evitare di interrompere forzatamente il suo lavoro, una ricostruzione che farebbe invidia ai virologi che ci dicono inascoltati che ci salveremo solo se ricostruiamo la tracciatura dei contatti.

Lo interrompo per dirgli che è fortunato, perché se il padre non avesse avuto la disponibilità economica, stavano ancora aspettando il responso della ASL.

E mentre parlava io mi sentivo inorgoglito di quanto stava accadendo, pensavo a quanto possa diventare preziosa la scuola – al di là del veicolo che utilizza, in presenza o a distanza – se è attenta ad ascoltare i ragazzi, se ha la sensibilità di partire della realtà in cui viviamo, perché se riusciamo a fare questo le ridiamo senso e costruiamo davvero una relazione educativa, che li fa crescere anche se fuori imperversano le calamità.

Ed infine pensavo ad un altro paradosso: mentre in questi mesi siamo impegnati a capire cosa e come si debba insegnare la nuova materia di educazione civica, ascoltavo quel mio studente quindicenne che ci stava facendo la più bella lezione di educazione civica, ai tempi del COVID, che si possa immaginare!

Nicola Cotugno

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